LightWork Cafè#4: Intervista a Federica Nardese
Eccomi con una nuova intervista! Questa volta tocca alla bravissima Federica Nardese. Lei è una giovane formatrice e counselor socio analitica con una passione fortissima per la fotografia. Gli scatti di Federica sono spesso accompagnate da sequenze narrative, dove, non solo l’autrice riflette e indaga su determinati temi, ma stimola la riflessione… rilanciando al lettore uno stimolo di riflessione. Tutto ciò conferisce ai suoi scatti uno stile unico, originale, profondo e personalissimo. I “ritratti” di Federica sono delicati, eterei, sognanti … ma anche fortemente comunicativi, penetranti… Insomma, non si tratta di scatti che li guardi e … basta! Sono immagini che vanno “oltre”…. creando “mondi altri”, mondi diversi…! Lasciamo che sia la diretta interessata a raccontarci la sua esperienza fotografica (e non solo!).
Buona Lettura!
Chiara Lux
Chi è Federica Nardese?
Sono nata in un paese lungo il Piave in un giorno di Pasqua qualche decennio fa (non vorrete davvero farmi dire l’età?!?! )… Abito a Milano da diversi anni con mio marito e la mia gatta Isotta.
Il titolo di un “Film” per descriverti….?
Penso che mentre gli anni passano i film per descriversi cambino in base alla nostra evoluzione come persone… anni addietro ti avrei risposto Ovo Sodo di Virzì o Chocolat di Lasse Hallström (l’inquietudine in tutte le salse insomma…) ma il film che davvero sento mi descrive sempre è Fight Club: combatti per sapere chi sei.
Quando e come hai scoperto che avresti fatto della “ Fotografia” una strada da seguire?
Non so se l’ho sempre saputo o se non l’ho ancora davvero scoperto.
Io non sono una fotografa professionista, diciamo che la fotografia è la mia più grande passione, quella cosa che mi fa alzare dal letto contenta la mattina e che mi tiene aperta a tutte le possibilità. Quello che cerco è soprattutto “vivere nella bellezza” e la fotografia, per come la pratico io, me lo permette. L’anno scorso ho pensato che avere una pagina su Facebook sarebbe stato anche interessate per trovare nuovi contatti e nuove collaborazioni, aumentando la mia consapevolezza dell’impegno, soprattutto con me stessa, di fotografare regolarmente e produrre contenuti interessanti, cosa che sta rivelando avere la sua utilità.
Quale percorso di studi hai seguito per affinare e perfezionare la tecnica fotografica?
La mia formazione fotografica è prettamente empirica e online.
Non ho frequentato una scuola di fotografia anche se nel 1998 avrei voluto iscrivermi all’ISFAV di Padova. Trovando però la disapprovazione di mio padre in quel momento ho desistito… anche se la fiamma non si è mai spenta e l’ho tenuta accesa da autodidatta.
Principalmente cerco di fotografare molto mettendo in pratica le tecniche che imparo guardando tutorial su youtube, Phlearn e CreativeLive.
Seppure nessun artista, credo, debba mai essere “ingabbiato” in una categoria precisa, i tuoi scatti sono soprattutto “ritratti”. Ti definisci una “ritrattista” in senso stretto?
Per me è importante che nell’immagine ci sia un soggetto umano presente e attivamente impegnato in una azione. Cerco di creare una storia per quel personaggio e renderlo “altro da sé” e anche “da me”. Le mie foto hanno sempre un pensiero che nasce da prima di andare a scattare e che cerco di ricreare prima con un bozzetto a mano per illustrare bene alla modella cosa vorrei facesse. Segue una ricerca di props e location adatte all’idea iniziale. Anche la scelta delle modelle è basilare e nel tempo le mie modelle sono diventate anche delle amiche. La ritengo una cosa utile per riuscire a “capirsi” e instaurare una relazione che si possa vedere nella foto. Intendo che un soggetto che “interpreta” una immagine per me è preferibile a uno che si mette in posa. Una modella con cui spesso lavoro, Isabella, un giorno mi ha detto “lavorare con te vuol dire posare nella realtà per poi trovarsi ritratte in un sogno”… quasi piangevo di gioia!! Non che sempre mi riescano tutti i pazzi tentativi e idee che ho in mente ma quando questo accade c’è davvero una magia che si crea e quella diventa nuova motivazione a creare nuove foto e nuove storie.
Sono una ritrattista? Non lo so.
I volti che ritrai hanno qualcosa di etereo, delicato e, nel contempo, di fortemente comunicativo. A cosa ti ispiri? Come si mettono in moto le tue idee?
Mi ispiro alla relazione che si crea in quel momento e che provo a rendere visibile nell’immagine finale. E’ una cosa che ho imparato col tempo, fotografando molto e cercando di applicare una sorta di autocritica alle mie stesse foto. Penso che se sono soddisfatta io e sento che quella immagine è “bella” allora anche gli altri la vedranno così e il sentimento passerà “oltre” lo schermo. Quando pensavo che fotografare bene volesse dire proporre qualcosa che piacesse agli altri non ero felice e la cosa si vedeva nel risultato finale. Ho hard disk pieni di foto che non sono così comunicative. Ovviamente capita anche ora che ci sia il giorno in cui non c’è feeling per tanti motivi ma sempre meno di frequente perché credo che la fotografia come tutte le arti pratiche si affini fotografando molto e studiando. Così a volte succede senza che me ne renda conto, basta un attimo, una parola, uno sguardo e in un click ho trovato tutto quello che cercavo.
Inoltre, amo molto i pre-raffaeliti e il filone concettuale di molte fotografe e fotografi giovani americani come Jennifer B. Thorenson Hudson, Brooke Shaden, Rob Woodcox, Bella Kotak e la tedesca amica in dA Spiegellicht (Nadja Ellinger).
Ho visitato il tuo sito e … sono rimasta colpita dal fatto che dietro i tuoi scatti non c’è nessuna improvvisazione, ma studio e riflessione. Mi piace il fatto che accompagni i tuoi scatti con una sequenza “narrativa” in cui , non solo ti poni delle domande, ma le rilanci al lettore e stimoli la riflessione …. E’ uno stile unico e originale! Perché? Come nasce?
Come ti dicevo io non sono una fotografa professionista.
Io sono una formatrice degli adulti e counselor socioanalitica. Lavoro nel mondo della formazione e delle risorse umane, che poi, alla fine sempre di “relazione” stiamo parlando. La fotografia è anche uno strumento con cui curo percorsi formativi e di “educazione allo sguardo” in associazione con Viazar.it
Uno dei miei filoni di studio e interesse è lo storytelling applicato anche alle arti oltre che al “self” e “corporate branding”. Storie, racconti, narrazioni, frammenti e tracce di vita mi interessano, intrigano e affascinano. Credo che la riflessione con cui nasce una foto o un progetto fotografico sia in qualche modo parente di questa passione per il racconto e di quello che il racconto può, fenomenologicamente, fare per creare mondi e realtà diverse dal reale, un po’ oniriche se vogliamo.
C’è molta intensità, dunque, nei tuoi scatti. Come riesci (così bene!) a “tirarla fuori” in maniera cosi socratica dalle tue modelle?
Ahah questa è una domanda difficile… grazie del complimento ma onestamente non ne ho idea. Dipende sempre tutto dalla relazione e dalla “regia” che come fotografa in qualche modo riesco a far passare da me alla modella. Di recente una mia amica modella mi ha chiesto di cimentarsi un un genere che a me è famigliare perché ho iniziato facendo “glamour” ma che per lei è nuovo e ostico. Per produrre delle immagini glamour che “funzionino” serve, a mio parere, grande sensualità unita a forte eleganza. Questi tratti sono propri di questa amica ma non sempre, come donne, ci autorizziamo a essere sensuali pur essendo eleganti… penso che la buona riuscita di quelle immagini “glamour” sia dipesa dal fatto che in quel “lì e allora” mentre scattavamo si è creata una intesa fatta di fiducia, estraniamento dal reale, senso di possibilità che ha permesso a lei di scoprire e disvelare un lato di sé stessa che in genere conserva nascosto.
Inoltre io spesso pratico l’autoritratto (non selfie, perdio!!!) perché solo se sai cosa si prova a stare dall’altra parte dell’obiettivo hai presente cosa si agita emotivamente in chi stai fotografando.
In fase di scatto che tipo di rapporto stabilisci con le tue modelle e come interagisci con loro?
Ecco, appunto, come sopra… Il progetto è sempre condiviso almeno da 15 giorni prima cosa che crea il terreno per essere allineate quando ci vediamo per scattare. Le variabili quando scatto sono legate alla luce (ultimamente uso la luce naturale per avere un miglior ritorno rispetto al mio desiderio di come deve essere l’immagine finale, ma non è detto che non abbia dovuto azionare qualche flash a volte per trovare la luce “giusta”) e alle possibilità date dalla location che spesso realizzi solo quando sei sul posto. Ma il resto è programmato e condiviso con la modella in modo che in quel momento a noi rimanga solo il compito di entrare in sintonia come persone. Il resto viene un po’ da sé, come una magia.
Di fatto la protagonista dei miei scatti è la figura femminile come creatura che elevi lo sguardo e lo porti su un livello di percezione superiore. Le donne che fotografo sono la visione del mio sogno di bellezza: forti e delicate, selvagge e eleganti, dolci ma infiammabili. Perché anche la fotografia è una responsabilità da tenere in considerazione nella società dell’immagine.
Dal punto di vista tecnico, durante i tuoi shooting, di quale attrezzatura ti servi?
Al momento ho una Nikon D600 e una Nikon D90 come backup. A volte uso un SB900 e un SB600 oppure flash da studio principalmente con ampi softbox se fotografo in studi professionali che noleggio a ore per l’occasione. Spesso mi servo di un treppiedi Manfrotto per fare composit più agevolmente. E, ovviamente, un programma di fotoritocco che considero uno strumento imprescindibile per arrivare a uno sviluppo ottimale in camera chiara e anche per andare oltre.
Un consiglio a un giovane “ritrattista” ….?
Beh, posto che anche io continuo a considerarmi una giovane ritrattista (diversamente giovane) … direi che posso solo consigliare di essere coerente con quello che ama e le piace. Di non fotografare per gli altri me per sé stessa e di essere attenta “alla luce che crea ombra”… l’unica cosa che conta, il resto viene con la pratica.
Tra le tue foto ce n’è una a cui sei particolarmente legata?
Sì, c’è una foto che l’anno scorso mi ha fatto capire che potevo andare “oltre” sia come fotografa che come “creatrice dei miei mondi altri”. Si chiama Deep in a Dream e mi ha aperto la strada (mentale) verso la possibilità di sperimentare, rischiare, provare nuove tecniche in postproduzione… cosa che alla fine ti rendi conto influenza tutto il processo creativo dalla prima idea di immagine nella testa fino alla stampa (io stampo tantissimo!)
Poi comunque continuo a oscillare tra la prima passione per il glamour e il ritratto fine art cosa che credo renda il mio portfolio vario e interessante ma con una cerca coerenza di stile alla quale faccio molta attenzione.
Le dieci foto che più ti rappresentano?
Divido le immagini in 2 categorie che sono i due “generi” che sto seguendo ora e che sento più miei.
i primi sono 5 ritratti “fine art” formato quadrato. Sono tutti parte di un progetto fotografico che sto seguendo in questo periodo e che si intitola (extra)Ordinary Fairytale.
Gli altri sono ritratti più “classici” che seguono il proposito “show your inner beauty”
5. L’inconsueto momento
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