La destinazione d’uso in fotografia, a chi serve la tua foto?
Nei gruppi di persone appassionate di fotografia, da un po’ di tempo a questa parte, si stanno formando delle fazioni.
- La fazione degli integralisti puristi, che sostiene che le foto debbano essere istintive e scattate di getto senza nessuna ‘regola’, meglio ancora se non post prodotte, definendole ‘naturali’ ma dimenticando che la prima post produzione la fa il firmware della fotocamera sulla base dei parametri impostati.
- La fazione degli architetti, che sostiene che il mancato rispetto di questa o quell’altra regola sia un errore a prescindere, non sia mai vedere linee verticali inclinate.
- La fazione dei post produttori a casaccio, che prendono uno scatto e lo devastano con elaborazioni totalmente casuali, HDR psicotropi, viraggi improbabili e deformazioni surrealiste.
Capisco che molti pensino che la fotografia è personale e deve piacere a chi la scatta, ma in quel caso la si dovrebbe tenere, appunto, per un uso personale, se al contrario la foto viene consegnata al pubblico questa foto verrà letta da molti.
Per qualcuno che deve leggere queste fotografie si pone quindi un problema di valutazione, prima di tutto, sul piano di lettura da usare. visto che esistono svariati piani di lettura in uno scatto e soprattutto, questi, variano a seconda della destinazione d’uso dello scatto stesso.
Se devo fotografare una scena con un pallone farò scatti diversi a seconda se la foto mi servirà come foto di still life per un catalogo, per ricordo di una partita di calcio tra amici, una foto sportiva di una finale, oppure una foto artistica.
Sarebbe corretto esprimere una lettura una volta che è chiara appunto la destinazione d’uso di quello scatto in quanto alcune valutazioni sul rispetto o meno di regole, consuetudini e altro, vengono solitamente espresse solo quando la foto è estremamente povera a livello comunicativo e di messaggio. D’altra parte, quindi, il rispetto delle cosiddette regole non ottiene immediatamente come risultato il fatto di avere una bella foto comunicativa.
Ma allora queste regole? Vanno seguite o ignorate? Come in tutti i campi della vita la risposta è dipende. Se sono funzionali allo scatto si. Vanno rispettate. Se invece ingabbiano una creatività che sarei in grado di esprimere comunicando un messaggio, allora no. Ma come abbiamo già detto queste regole non sono scritte a caso e non sono sopratutto esclusivamente quella dei terzi o quella di non fare desaturazioni parziali. Alcune sono regole mentali programmate nel nostro cervello, altre dipendono dal substrato culturale e artistico dove siamo cresciuti e che successivamente abbiamo scelto di seguire e se siamo in grado di arrivare al punto di produrre qualcosa di buono senza pensare alle regole significa che le regole sono codificate così bene in noi da non dover nemmeno sforzarci a pensare per usarle ma farlo in automatico. La cosa davvero importante per creare una buona immagine è considerare sempre la destinazione d’uso che ha, e adeguare quindi la tipologia di messaggio a quel genere.
Un mosso creativo, un flare, ad esempio, sono degli errori tecnici. Ma appunto si usano creativamente. Un orizzonte storto potrebbe avere comunque un senso in un determinato tipo di immagine. Una foto con le verticali non verticali anche. Una foto apparentemente sfocata potrebbe essere più interessante di una perfettamente a fuoco, ma tutto questo solo in determinati casi e sopratutto finalizzati ad un risultato, che deve essere evidente per molti e non solo per noi che l’abbiamo prodotta.
Tutto questo non deve diventare, quindi, un alibi per poter scattare foto ‘a caso’, post produrle a caso e decidere a posteriori se siano più o meno valide. Ma deve essere uno dei motivi per cui si scatta! Esprimere coscientemente qualcosa con quella foto.
Quindi, prima di fare uno scatto, dovremmo attivare un processo decisionale. Perché stiamo fotografando quella precisa scena? Se la risposta dovesse essere solo “Perché è carina!” sarebbe il caso di cambiare soggetto. Possiamo scattare per molti altri motivi, per raccontare qualcosa, perché siamo attratti dalla geometria della scena, per spiegare qualcosa o per mostrare ad altri luoghi che non conoscono.
“Perché è carina!” non è una motivazione sufficiente per creare una buona immagine e non ne definisce affatto la destinazione d’uso..