Direttamente da Nat Geo Creative, il fotografo Sergio Pitamitz e le sue foto protagoniste su Lightwork
Per me è un grande onore, inaugurare la sezione “Photo Travel” di Lightwork con un grande Fotografo di Nat Geo Creative, Sergio Pitamitz, fotografo naturalista, esperto d’Africa, con la passione per i grandi felini. Seguo Sergio da diversi anni, i suoi workshop mi hanno sempre fatto sognare, sono incredibili, come le sue foto.
Essere un fotografo Nat Geo è il sogno di molti, ma solo in pochi riescono a catturare l’interesse di questo prestigioso Brand, molti si chiedono: come si diventa fotografi Nat Geo? eh bella domanda…
Non mi resta che presentavi Sergio Pitamitz …
Un amante dei viaggi, della natura e degli animali, che ha fatto della sua passione il proprio lavoro.Voglio conoscere e documentare il pianeta che abitiamo.
Paziente, creativo, determinato. Se mi metto in testa una cosa niente mi ferma. Se poi ci riesco bene, altrimenti pazienza. Ma almeno ci ho provato e non posso avere rimpianti.
Ho doppia nazionalità, italiana e francese, e da quando sono nato passo le mie vacanze a Menton in Costa Azzurra, dove viveva mia nonna. Lì ho fatto le mie prime foto verso i dodici anni, forse prima, con una piccola compatta a pellicola ovviamente… Poi la passione è diventata sempre più forte e a diciotto anni ho iniziato a fare l’assistente in studi fotografici a Varese e Milano. La fotografia in studio di moda e still-life non faceva per me, anche se ho imparato tecniche che poi mi sono tornate utili in seguito, in generi fotografici molto diversi. Ho iniziato quindi a fare foto di sport, in particolare Formula 1 e in seguito fotogiornalismo sociale e di politica per agenzie italiane e per la francese Sipa Press, ai tempi una delle più importanti agenzie fotografiche al mondo. Una grandissima scuola, che mi è stata utile quando poi sono passato pochi anni dopo al reportage geografico. Da allora è stato un viaggiare continuo, in oltre 25 anni ho visitato circa 80 paesi in tutti i continenti, ho perso il conto. Ho vissuto per tre anni a Londra alla fine degli anni ’90 e da allora è stato un crescendo. Poi è arrivata l’Africa e la fotografia di animali che ho sempre sognato di fare… Ne è poi diventata la mia specializzazione. Ma non mi scordo di viaggiare nel resto del globo.
Tante, non una, ma te ne cito un paio. Il bambino guatemalteco con il dito in bocca. Una foto realizzata d’istinto nel 1998 durante uno dei miei tanti reportage in Guatemala: ho visto spuntare la madre con in spalle il bimbo da dietro un angolo nel mercato di Chichicastenango. Due scatti soli, con la Leica M6 in diapositiva. Uno quello perfetto, pubblicato in tutto il mondo. Tra le foto di animali quella della leonessa di notte che cammina su un albero. Una comportamento non usuale in una condizione di luce molto difficile. Quando ho capito cosa stesse per fare la leonessa ho chiesto al ranger sull’altra Land Rover di accendere lo spot per avere una luce di taglio laterale. Quella che fa la differenza…
Chiariamo bene: non lavoro – per ora – con il Magazine. Chissà, un giorno magari, ma non corro in redazione a proporre idee sino a quando non ne avrò una molto interessante! I criteri di scelta del Magazine sono molto duri e selettivi, quindi è inutile proporre storie che non reggono le pagine della grande rivista…La mia collaborazione con la Society è nata per caso. Lavoro da ormai moltissimi anni con Corbis e Getty Images, le due più grandi agenzie fotografiche e tramite loro le mie immagini sono state pubblicate su centinaia e centinaia di riviste, libri e pubblicazioni varie in tutto il mondo. Ho la fortuna di avere un cognome non proprio comune, il che permette di ricordarlo e di associarlo alle mie immagini. Un giorno dall’Ungheria mi chiama un mio collega del Nat Geo, Joe Petersburger, e mi dice che a Washington sono interessati a vedere un mio portfolio. Mi sono messo a ridere, pensavo ad uno scherzo! Ha dovuto insistere non poco per farmi capire che non mi stava prendendo in giro. Alla National Geographic Society esiste un dipartimento che si chiama Nat Geo Creative che è quello che gestisce, rappresenta, distribuisce le immagini dei National Geographic Photographers. Ho mandato loro il mio portfolio e dopo due lunghi mesi ho ricevuto il contratto da firmare. Un sogno, quello di ogni fotografo, si stava realizzando… Le mie foto vengono pubblicate sulle molte pubblicazioni della Society: NG Kids, NG Traveller, guide, libri… Distribuite tramite Nat Geo Creative e vendute come stampe al National Geographic Art Store.
Andare a leggere la lista dei nomi dei fotografi Nat Geo Creative fa abbastanza impressione!Vi sono nomi leggendari quali David Doubilet, Frans Lanting, Steve Winter, Mike Yamashita, Bill Allard, Jim Richardson, Jodi Cobb, Beverly Joubert, Tim Laman, Michael Nick Nichols, Joel Sartore… Solo alcuni dei tanti fotografi Nat Geo che hanno fatto e stanno facendo la storia della fotografia naturalistica e di reportage. Quando andai al mio primo National Geographic Photographers annual meeting, fu uno choc… Ogni anno a gennaio dai quattro angoli del globo confluiscono tutti alla sede di Washington per il seminario, un evento unico dove fotografi – non solo Nat Geo – presentano i propri lavori. Tutti insieme in un ambiente rilassato, tra riunioni ufficiali e cene e after-hour informali dove nessuno si atteggia a grande fotografo, a parlare anche di progetti presenti e futuri, della situazione del mondo della fotografia e di tanto altro. David Alan Harvey ha definito i Nat Geo photographers “The Tribe”. E rende molto l’idea… Nell’orbita Nat Geo ci anche alcuni italiani: Stefano Unterthiner, Alex Majoli e Paolo Pellegrin, collaboratori regolari del Magazine. Gianluca Colla con NG Creative, Massimo Bassano con NG Expeditions e NG Traveler. Insomma, siamo bene rappresentati.
Ho lavorato con tutte le più importanti testate di viaggi e natura. Gente Viaggi, Dove, Weekend e Viaggi, Bell’Europa, In Viaggio, Panorama Travel… Molte purtroppo hanno chiuso i battenti negli ultimi anni a causa della crisi. Attualmente collaboro con la rivista naturalistica Oasis e con LatitudesLife, la rivista di viaggi online leader indiscussa del settore.
Pochissimo. Lavoro soltanto sui livelli, curve, contrasto, rimuovo eventuali aberrazioni cromatiche e spot dovuti a polvere sul sensore. Non rimuovo, aggiungo o sposto elementi dell’immagine, se non raramente e chiaramente indicato in didascalia. Eventualmente se l’istogramma è completo e il cielo è troppo chiaro in certe immagini, aggiungo un filtro degradante grigio. Si può fare ovviamente anche in fase di ripresa, ma mettere un filtro davanti alla lente significa comunque avere una caduta di qualità e nitidezza. Tutte le operazioni, dall’ingestione immagini, editing, post-produzione, didascalizzazione, keywording, montaggio dei servizi e invio delle immagini a testate o agenzie viene fatto con Adobe Lightroom.
Sicuramente il Botswana dove mi sono recato moltissime volte, sia per realizzare servizi, sia per workshops. Poi c’è il Masai Mara, ma mi piace stare fuori dalla riserva nazionale, lontano dagli ingorghi di Land Rover. Ma tutti i paesi dell’Africa Australe e dell’Est sono splendidi.I miei workshops, che preferisco chiamare Photo Trail, non sono viaggi dove faccio il “professore di fotografia”, quello lo lascio fare a chi lo sa fare meglio di me, non sono un tecnico di corpi macchina, obiettivi, megapixel etc.. Mi dedico di più a raccontare come si svolge il lavoro di fotografo: lo studio preliminare di un servizio, le tecniche particolari tipo la fotografia remota e camera trap, il workflow, la post-produzione e la distribuzione delle immagini. E, molto importante, il racconto di una storia in immagini, lo “storytelling”, che è la qualità fondamentale di un buon fotografo professionista. Non per ultimo, ed è una parte fondamentale della fotografia naturalistica, il comportamento animale. Non avendo un background di studi naturalistici come molti miei colleghi, ho frequentato un lungo ed impegnativo corso di guida di safari della African Field Guides Association: mesi di studi sui libri e 2 settimane di dura pratica sul campo in Kenya.I miei viaggi fotografici sono spesso studiati per dedicarsi in modo particolare ad un animale specifico o per realizzare una storia su un dato argomento. L’orso in Finlandia o il giaguaro nel Pantanal per esempio. Per quest’ultimo ho ottenuto le autorizzazioni per far piazzare ai partecipanti delle camera trap. Il fine sarà proprio quello di fare un racconto per immagini di questo elusivo felino, difficile da fotografare. Chi viene con me in questa tipologia di viaggi sa che l’impegno è massimo per giungere al fine prefissato, ma che la natura non promette mai niente. Ma se tutto fila bene, si torna a casa con scatti unici. Né più né meno quello che faccio quando sono su incarico di una rivista o se devo realizzare immagini per Nat Geo Creative. Ed è questo che voglio trasmettere a chi mi segue in questi viaggi.
Dipende, se sono in ferie con la famiglia in Costa Azzurra, dove vado da quando sono nato, la macchina c’è, ma serve solo se decido di andare a fare scatti in zona. Altrimenti ho in tasca un Lumix per le foto di famiglia. Se invece vado dove non sono mai stato ho sempre la macchina al collo…
Per la fotografia geografica mi piacerebbe andare in Buthan. Animali… il leopardo nebuloso e quello delle nevi, la tigre. Ma quest’ultimo sarà il soggetto di uno dei prossimi workshop nel 2016. Adoro i felini…
Idee di servizi tante…Vedremo se sono realizzabili e nel caso chi le pubblicherà.Probabilmente anche una mostra. Sto poi collaborando attivamente con National Geographic Big Cats Initiative, un programma di conservazione per la salvaguardia dei grandi felini: leopardo, leone, giaguaro, puma, tigre. Tutti animali che vediamo regolarmente in servizi, documentari, che sembrano presenti ovunque nei parchi nazionali, ma che sono terribilmente a rischio. Anzi, chiederei ai tuoi lettori di andare sul sito e fare una piccola donazione che può aiutare molto questi splendidi animali. Una parte degli introiti dei miei viaggi fotografici e della vendita di stampe Fine-Art viene donato a questa causa.
Continuare a fotografare per passione, liberi dalle pressioni che ci sono come in un qualsiasi lavoro. Con la differenza che questo è un lavoro molto competitivo. Siamo in un periodo di profonda crisi dell’editoria e dobbiamo combattere con chi svende o peggio regala le foto, con chi fa workshop o viaggi fotografici a prezzi stracciati senza avere un curriculum degno di nota e magari li fa illegalmente e magari in nero e senza avvalersi di tour operators per poter tenere prezzi più bassi. Un momento pessimo insomma…Il mio consiglio è quello di puntare invece sul video, in un momento in cui la televisione e l’interattività del web la fanno da padroni. Ma se proprio si vuol fare della fotografia una professione… continuare a fotografare ciò che si ama e tenere duro. A volte i sogni si avverano!
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[…] grande piacere e con un pizzico di emozione inauguro la rubrica Lightwork – Travel con un intervista a un grande fotografo naturalista. Sergio […]